I FENOMENI SISMICI

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I FENOMENI SISMICI by Mind Map: I FENOMENI SISMICI

1. 2 Propagazione e registrazione delle onde sismiche

1.1. Differenti tipi di onde sismiche

1.1.1. I movimenti all’ipocentro producono differenti tipi di deformazioni, cui corrispondono differenti tipi di onde

1.1.1.1. Onde longitudinali

1.1.1.1.1. Le particelle di roccia oscillano avanti e indietro nella direzione di propagazione dell’onda stessa.

1.1.1.1.2. La roccia su bisce rapide variazioni di VOLUME, comprimendosi e dilatandosi

1.1.1.1.3. Sono le onde più veloci, per cui sono dette anche onde prime od onde P: si muovono nella crosta con velocità tra 4 e 8 km/s.

1.1.1.1.4. Si propagano in ogni mezzo

1.1.1.2. Onde trasversali

1.1.1.2.1. Provocate dallo scivolamento delle masse rocciose lungo il piano di faglia Oscillazioni perpendicolari alla direzione di propagazione

1.1.1.2.2. La roccia subisce variazioni di FORMA, ma non di volume.

1.1.1.2.3. Sono più lente delle onde P: nella crosta viaggiano con velocità variabile tra 2,3 e 4,6 km/s

1.1.1.2.4. Non possono però propagarsi attraverso i fluidi

1.1.1.3. Onde superficiali

1.1.1.3.1. Onde R (onde di Rayleigh)

1.1.1.3.2. Onde L (onde di Love)

1.2. Come si registrano le onde sismiche

1.2.1. La registrazione del movimento sismico da parte di un sismografo si chiama sismogramma

1.2.2. Nell’area prossima all’epicentro il sismogramma appare molto complicato o confuso, sia per l’ampiezza delle oscillazioni, che possono mandare fuori scala gli strumenti

1.2.3. - La prima parte del sismogramma corrisponde all’arrivo delle onde P - Nella parte centrale del sismogramma all’arrivo delle onde P si sovrappone quello delle onde S - Nell’ultima parte del sismogramma compaiono prevalentemente le onde superficiali, più lente ma molto più ampie

1.3. Come si localizza l’epicentro di un terremoto

1.3.1. Posizione dell'epicentro

1.3.1.1. Le DROMOCROME indicano i tempi di propagazione di ogni tipo di onda in funzione della distanza dall’epicentro

1.3.1.2. Attualmente, la scala di intensità più usata in Europa è la scala MCS (Mercalli-Càncani-Sieberg), divisa in 12 gradi

1.3.1.3. In base alla dromocrona è possibile ricavare la distanza dell’epicentro

1.3.1.3.1. E necessario analizzare le distanze dall’epicentro di almeno tre stazioni sismiche per identificare la posione dell'epicentro

1.3.2. Profondità dell'ipocentro

1.3.2.1. Sono necessarie le registrazioni di numerose stazioni, per poter impiegare metodi di elaborazione statistica.

2. 3 La «forza» di un terremoto

2.1. La magnitudo di un terremoto

2.1.1. Le scale di intensità dei terremoti

2.1.1.1. L’INTENSITA' viene stabilita in base alla valutazione degli effetti prodotti dal terremoto su persone, manufatti e terreno

2.1.2. Confrontando l’ampiezza massima delle onde registrate da un sismogramma relativo a quel terremoto con l’ampiezza massima delle onde registrate da un terremoto scelto come riferimento (terremoto standard)

2.2. Magnitudo e intensità a confronto

2.2.1. La magnitudo è una misura strumentale della forza del terremoto nel punto in profondità in cui questo si è originato

2.2.2. L’intensità si riferisce invece agli effetti provocati dal terremoto in una certa zona

2.3. La disponibilità di numerosi esempi di terremoti (per i quali sono state determinate la magnitudo e l’intensità massima all’epicentro) ha permesso di elaborare una relazione empirica tra queste due diverse misure. Tale relazione viene usata, ovviamente, per terremoti «storici», per i quali non esistono registrazioni strumentali

3. 1 Lo studio dei terremoti

3.1. Un fenomeno frequente nel tempo, ma localizzato nello spazio

3.1.1. Un terremoto è una vibrazione più o meno forte della Terra prodotta da una rapida liberazione di energia meccanica in profondità

3.1.1.1. Il punto in cui l’energia si libera è l’ipocentro (o fuoco) del terremoto: da esso l’energia si propaga per onde sferiche che, pur indebolendosi con la distanza

3.1.1.2. La maggioranza dei sismi è registrata solo da strumenti, ma è evidente che essi sono un evento naturale molto diffuso.

3.1.1.3. La distribuzione generale delle fasce sismiche coincide con il decorso delle grandi catene montuose, delle dorsali oceaniche

3.2. Il modello del rimbalzo elastico

3.2.1. Le rocce si comportano dapprima in maniera elastica, poi si deformano progressivamente fino a che non viene raggiunto il limite di rottura

3.2.2. Nella massa rocciosa si innesca una frattura a partire dal punto più debole e si crea una faglia

3.2.3. Se nella massa rocciosa esiste già una faglia, è il forte attrito tra i due blocchi della faglia a impedire all’inizio ogni movimento Quando però la tensione che si accumula nelle rocce supera la resistenza dovuta all’attrito, la faglia si «riattiva»

3.3. Il ciclo sismico

3.3.1. zona in cui si è appena manifestato un terremoto dovrebbe aver raggiunto un nuovo equilibrio,

3.3.2. Il processo si può schematizzare come un ciclo sismico, che si ripete nell’evoluzione geologica di una regione

3.3.2.1. - pre-sismico la deformazione elastica provoca variazioni in alcune caratteristiche delle rocce - post-sismico l’area colpita va verso un nuovo equilibrio

4. 4 Gli effetti del terremoto

4.1. Effetti primari ed effetti di sito

4.1.1. Effetti Primari

4.1.1.1. Comparsa di faglie A volte arrivano ad affiorare e formano lunghe scarpate

4.1.1.2. Lo scuotimento è diverso a seconda del tipo di vibrazione. L’insieme delle onde (P ed S) costringe il terreno a vibrare in modo complesso, con diverse frequenze

4.1.2. Effetti di Sito

4.1.2.1. Il movimento delle onde sismiche può risultare localmente modificato da rendere molto diverso da luogo a luogo il comportamento dei terreni raggiunti dalle vibrazioni.

4.1.2.1.1. Amplificazioni

4.1.2.1.2. Liquefazione dei terreni

4.1.2.1.3. Frane sismo-indotte

4.2. Maremoti o tsunami

4.2.1. Il movimento della faglia che provoca il terremoto fa sollevare o abbassare bruscamente un tratto del fondo del mare Nella massa d’acqua sovrastante si genera una perturbazione Sulla superficie del mare si manifesta come onde molto lunghe che si propagano con velocità (in mare aperto) tra 500 e 900 km/h

4.2.1.1. In mare aperto il passaggio di un’onda di maremoto può restare del tutto inosservato a chi si trova su una nave

4.2.1.2. Si abbassa improvvisamente il livello del mare, che si ritira verso il largo lasciando emerso un ampio tratto del fondo.

4.2.1.3. Subito dopo arriva la cresta dell’onda e il livello del mare si innalza, formando un’onda alta anche 30 metri, che si rovescia sulla costa travolgendo ogni ostacolo e trascinandolo poi in mare con l’onda di ritorno.

4.2.2. Quando si avvicinano alla costa, man mano che la profondità delle acque diminuisce, l’altezza delle onde cresce