3 Certificazioni

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3 Certificazioni by Mind Map: 3 Certificazioni

1. Settore Agroalimentare

1.1. insieme ORGANIZZAZIONI ed operatori e RELATIVI FLUSSi

1.1.1. che portano a produzione, distribuzione e commercializzazione di PRODOTTI AGROALIMENTARI

1.1.1.1. settore agroalimentare= tutto ciò tra FIELD e FORK

1.1.1.1.1. forte legame con settore agricolo

1.1.2. settore molto attivo

1.1.2.1. non ha risentito molto della crisi

1.1.2.2. imprese attente alla SOSTENIBILITA' AMBIENTALE

1.2. EVOLUZIONE DEI CONSUMI

1.2.1. consumatori più attenti a prodotti

1.2.1.1. da tradizionale classico

1.2.1.1.1. a TRADIZIONALE EVOLUTO

1.3. Scenario complesso

1.3.1. GLOBALIZZAZIONE Mercati

1.3.1.1. PROBLEMI STRUTTURALi per aziende italiane

1.3.1.1.1. importanza settore come ambasciatore Made in Italy

1.3.1.2. OPPORTUNITÀ

1.3.1.2.1. ma necessità integrare processi comunicazione e commercializzazione

1.3.2. DISARTICOLAZIONE processi produzione

1.3.2.1. FILIERA SEGMENTATA

1.3.2.1.1. qualità prodotto dipende da più attori

1.3.2.1.2. necessità COORDINAZIONE tra imprese

1.3.3. NECESSITÀ ADEGUAMENTO TENCOLGICI

1.3.3.1. necessità adeguare rapporti interni ed esterni

1.3.4. COESISTENZA MODELLI DIFFERENZIATI DI PRODUZIONE

1.3.4.1. comporta criticità RAPPORTI DI TRANSAZIONE

1.3.5. trasformazioni modelli di consumo

1.3.5.1. CONSUMATORE SEMPRE PIÙ ESIGENTE

1.3.5.1.1. oltre a qualità anche sostenibilità

1.4. Qualità nel settore agroalimentare

1.4.1. insieme di CARATTERISTICHE di un prodotto o servizio

1.4.1.1. capaci di SODDISFARE BISOGNI IMPLICITI OD ESPLICITI

1.4.1.1.1. si traduce come

1.4.2. concetto in evoluzione

1.4.2.1. aggiunge sempre nuovi aspetti

1.4.2.1.1. es ambientali e etico sociali

1.4.2.1.2. aggiunta sempre nuovi attributi

1.4.2.2. aiuta a COLMARE LE LACUNE INFORMATIVE del consumatore

1.4.2.2.1. soddisfazione di tutte le parti interessate

1.4.2.3. per l'operatore pubblico

1.4.2.3.1. garantire regolarità ed efficienza delle transazioni di mercato

1.4.3. Approcci settore Agroalimetare

1.4.3.1. AMBITO COGENTE

1.4.3.1.1. regolamenti comunitari, Direttive, leggi nazionali

1.4.3.1.2. Musts

1.4.3.2. AMBITO REGOLAMENTATO

1.4.3.2.1. non fondamentali, ma di crescente rilievo

1.4.3.2.2. norme di derivazione PUBBLICISTICA comunitaria

1.4.3.2.3. Wants

1.4.3.3. AMBITO VOLONTARIO

1.4.3.3.1. norme di derivazione PRIVATISTICA e volontaria

1.4.3.3.2. Wants

1.4.3.3.3. per coprire le nuove esigenze dei consumatori

1.4.4. Certificazione

1.4.4.1. processo in cui un ENTE TERZO dichiara un prodotto, processo o servizio conforme

1.4.4.1.1. ad una specifica norma

1.4.4.2. 2 ambiti di Certificazione Volontaria

1.4.4.2.1. Qualità PROCESSO/ SISTEMA

1.4.4.2.2. Qualità di PRODOTTO

1.4.5. Evoluzione

1.4.5.1. 1900-1920

1.4.5.1.1. STANDARDIZZAZIONE

1.4.5.2. 1920-1950

1.4.5.2.1. CONTROLLO STATISTICO

1.4.5.2.2. Ruota di Deming (DEMING CYCLE) per il controllo di processo

1.4.5.2.3. DOPOGUERRA: Forte domanda non soddisfatta

1.4.5.3. Anni 60

1.4.5.3.1. nasce approccio QUALITY ASSURANCE

1.4.5.4. Anni 70

1.4.5.4.1. qualità diventa sinonimo di AFFIDABILITA'

1.4.5.5. Anni 80

1.4.5.5.1. aumento internazionalizzazione e dinamiche tecnologiche

1.4.5.6. 1987

1.4.5.6.1. pubblicazione norme ISO Sistema Qualità

1.4.5.6.2. Rapporto Brundtland

1.4.5.7. Anni 90

1.4.5.7.1. TOTAL QUALITY MANAGEMENT

1.4.6. dalla QUALITA' AZIENDALE alla QUALITA' ETICO SOCIALE

1.4.6.1. Norme serie ISO 9000

1.4.6.1.1. definiscono requisiti internazionali per i Sistemi di Gestione Qualità SGQ

1.4.6.1.2. ISO 9001

1.4.6.2. anni 90

1.4.6.2.1. si iniziano a realizzare POLITICHE AMBIENTALI

1.4.6.2.2. Conferenza ONU 1992

1.4.6.3. anni 2000

1.4.6.3.1. anche la SICUREZZA sul lavoro diventa centrale

1.4.6.3.2. etica degli affari

1.4.6.3.3. equità e solidarietà sociale

1.4.6.3.4. Qualità come VALORI che ispirano gestione aziendale

1.4.6.4. 25/10/2011

1.4.6.4.1. nuova Definizione di RSI (Responsabilità Sociale di Impresa)

1.4.6.5. Triplice approccio

1.4.6.5.1. COMUNICAZIONE 347 DEL 2/7/2002

1.4.6.5.2. TRIPLE BOTTOM APPROACH

2. Normazione e Certificazione

2.1. Regole

2.1.1. REGOLE sono OBBLIGATORIE

2.1.1.1. stabiliscono requisiti ESSENZIALI

2.1.1.1.1. emanate da AUTORITÀ PUBBLICHE

2.2. Normazione

2.2.1. elaborazione di standard da seguire

2.2.2. Le NORME (a differenza delle regole) sono VOLONTARIE

2.2.2.1. stabiliscono caratteristiche e requisiti tecnici di prodotto o servzio

2.2.2.1.1. adottate spontaneamente

2.2.3. Norme tecniche

2.2.3.1. SOLUZIONI CODIFICATE A PROBLEMI RICORRENTI

2.2.3.1.1. definiscono caratteristiche

2.2.3.2. Norme settoriali

2.2.3.2.1. per diversi settori industriali

2.2.3.3. Norme orizzontali

2.2.3.3.1. applicabili a TUTTI i SETTORI che

2.2.4. Norme elaborate a livello internazionale

2.2.4.1. sotto egida enti Normazione

2.2.4.1.1. facilitare scambi, favorire livelli qualitativi superiori

2.2.5. Struttura attività di Normazione

2.2.5.1. ISO

2.2.5.1.1. International Standard Organization for standardization

2.2.5.2. CEN

2.2.5.2.1. Comitè Europen de Normalisation - Comitato Europeo di Normazione

2.2.5.3. UNI

2.2.5.3.1. Ente Nazionale di Unificazione Italiano

2.2.5.4. presenza di tutte e 3 le sigle

2.2.5.4.1. norma internazionale, recepita in ambito europeo e anche in Italia

2.3. Certificazione

2.3.1. prodotto o servizio deve RISPONDERE AI REQUISITI STABILITI DA NORME

2.3.1.1. attestato tramite un CERTIFICATO DI CONFORMITÀ

2.3.2. 3 Approcci valutazione qualità

2.3.2.1. Valutazione PRIMA PARTE

2.3.2.1.1. Azienda o fornitore attestano la conformità alle regole tecniche

2.3.2.2. Valutazione SECONDA PARTE

2.3.2.2.1. Cliente o utilizzatore che attestano conformità

2.3.2.3. Valutazione TERZA PARTE

2.3.2.3.1. CERTIFICAZIONE VERA E PROPRIA

2.3.2.3.2. distinta da

2.4. Accreditamento

2.4.1. attestazione da parte di un ORGANISMO NAZIONALE

2.4.1.1. che un determinato Organismo di Certificazione soddisfa i criteri stabiliti da norme

2.4.1.1.1. REG CE 765/2008

2.4.2. ACCREDIA

2.4.2.1. nata da fusione di SINCERT e SINAL

2.4.2.2. grazie alle sue verifiche GARANTISCE LA CREDIBILITÀ DELLA CERTIFICAZIONE

2.4.2.2.1. ente terza indipendente

2.4.2.3. quattro dipartimenti

2.4.2.3.1. Organismi Certificazione e Ispezione

2.4.2.3.2. Laboratori di Prova

2.4.2.3.3. Laboratori di Prova per la Sicurezza degli alimenti

2.4.2.3.4. Laboratori Taratura Accredia

2.4.2.4. riconosciuti a livello internazionale grazie ad accordi

2.4.2.4.1. IAF (International Accreditation Forum)e EA (European Accreditation)

3. ISO 9001:2015

3.1. sostituisce la ISO 9001:2008

3.1.1. aggiornamento per far fronte all'aumento complesità

3.1.2. norma riflette impostazione HLS

3.1.2.1. HLS: STRUTTURA GENERALE DI ALTO LIVELLO

3.1.2.1.1. Struttura Comune a tutti gli standard ISO

3.1.2.1.2. 10 punti

3.2. SISTEMA GESTIONE QUALITÀ

3.2.1. INSIEME DI ELEMENTI CORRELATI

3.2.1.1. PER STABILIRE POLITICHE E CONSEGUIRE OBBIETTIVI DI QUALITÀ

3.3. specifica REQUISITI di un sistema di gestione della qualità

3.3.1. fornire regolarità prodotti e servizi

3.4. ASSUNZIONE SISTEMA GESTIONE DI QUALITÀ

3.4.1. BENEFICI

3.4.1.1. ACCRESCERE SODDISFAZIONE CLIENTE

3.4.1.1.1. e miglioramento del sistema

3.4.1.2. SODDISFARE REQUISITI

3.4.1.2.1. PER SODDISFARE CLIENTI E REQUISITI COGENTI

3.4.1.3. AFFRONTARE I RISCHI

3.4.1.4. FACILITARE OPPORTUNITÀ

3.4.1.5. dimostrare conformità ai requisiti specificati del SGQ

3.4.1.5.1. CONFORMITA': soddisfacimento di un requisito

3.5. PUNTI CHIAVE: Fondamenti della norma che integrano HLS dei sistemi di gestione

3.5.1. Ciclo Deming Plan

3.5.1.1. Plan-Do-Act-Check

3.5.1.1.1. Plan

3.5.1.1.2. Do

3.5.1.1.3. Check

3.5.1.1.4. Act

3.5.2. Approccio basato sul rischio

3.5.2.1. RISCHIO: effetto incertezza risultato atteso

3.5.2.1.1. definire azioni più opportune per gestire rischi

3.5.2.2. Occorre classificare i rischi per priorità

3.5.2.2.1. sostituito la terminologia "azioni preventive"

3.5.2.3. necessità di valutare i rischi

3.5.2.3.1. Rischio Strategico

3.5.2.3.2. Rischio Finanziario

3.5.2.3.3. Rischio Economico

3.5.2.3.4. Rischio Reputazionale

3.5.2.3.5. Rischio Operativo

3.5.3. Contesto dell'organizzazione

3.5.3.1. MONITORAGGIO continuo del CONTESTO in cui opera impresa

3.5.3.1.1. contesto INTERNO

3.5.3.1.2. contesto ESTERNO

3.5.4. Attenzione alle parti interessate

3.5.4.1. individuare esigenze e aspettative parti interessate

3.5.4.1.1. STAKEHOLDER

3.5.4.1.2. attraverso un continuo FEEDBACK

3.5.5. Maggiori impegni per l'alta direzione

3.5.5.1. DARE PROVA DI LEADERSHIP VERSO IL SISTEMA DI GESTIONE

3.5.5.1.1. in linea con la struttura comune HLS

3.5.5.2. ALTA DIREZIONE FISSA POLITICA DELLA QUALITÀ

3.5.5.2.1. definire in modo chiaro responsabilità e autorità più rilevanti

3.5.6. Minori obblighi di registrazione e procedure (definiti informazioni documentate)

3.5.6.1. semplificazione aspetti documentali

3.5.6.1.1. sistema efficace è FLESSIBILE

3.5.6.1.2. informazioni documentate

3.5.6.2. perfomance based

3.5.6.2.1. focus sul risultato non su come raggiungerlo

3.6. I 7 Principi di gestione della qualità

3.6.1. strumento di implementazione del SGQ

3.6.1.1. 1. FOCALIZZAZIONE SUL CLIENTE

3.6.1.1.1. VALUTAZIONE COSTANTE GRADO DI SODDISFAZIONE

3.6.1.1.2. consapevolezza del cliente

3.6.1.2. 2. LEADERSHIP

3.6.1.2.1. assunzione di RESPONSABILITÀ

3.6.1.2.2. CONDIVISIONE OBBIETTIVI

3.6.1.2.3. saper VALUTARE AMBIENTE ESTERNO E INTERNO

3.6.1.2.4. valorizzare personale

3.6.1.2.5. STRATEGIA per raggiungere traguardi

3.6.1.3. 3. PARTECIPAZIONE ATTIVA DELLE PERSONE

3.6.1.3.1. a tutti i livelli

3.6.1.3.2. ruolo strategico Risorse Umane

3.6.1.3.3. IMPORTANZA DELLA DEFINIZIONE DI RESPONSABILITÀ E RUOLI

3.6.1.3.4. importanza partecipazione al miglioramento di tutti

3.6.1.4. 4. APPROCCIO PER PROCESSI

3.6.1.4.1. Processo: attività correlate che trasformano elementi in ingresso in elementi in uscita

3.6.1.4.2. MODALITA' OPERATIVA PER RAGGIUNGIMENTO OBBIETTIVI

3.6.1.4.3. per ogni processo ci sono

3.6.1.4.4. possono essere distinti in

3.6.1.5. 5. MIGLIORAMENTO

3.6.1.5.1. Fondamentale il PDCA

3.6.1.5.2. 2 approcci

3.6.1.5.3. INDICATORI DI PRESTAZIONE

3.6.1.5.4. come realizzare?

3.6.1.6. 6. PROCESSO DECISIONALE BASATO SULLE EVIDENZE

3.6.1.6.1. DATI E INFORMAZIONI IMPORTANTI PER CONTROLLI E AZIONI CORRETTIVE

3.6.1.6.2. importante capire le relazioni causa/ effetto

3.6.1.7. 7. GESTIONE DELLE RELAZIONI

3.6.1.7.1. Relazioni con FORNITORI prima di tutto

3.7. Documentazione SGQ

3.7.1. Sistema Gestione qualità si implementa attraverso redazione organizzata vari documenti

3.7.1.1. documentazione descrive le varie attività

3.7.1.1.1. CHI FA CHE COSA

3.7.1.2. deve consentire MONITORAGGIO INTERNO e verifica da ORGANISMI ESTERNi

3.7.1.2.1. audit

3.7.1.3. FORNISCE CHIARA STRUTTURA ATTIVITÀ

3.7.1.4. CONSENTE COMPRENSIONE PROCESSI

3.7.2. la nuova ISO 9001:2015 SEMPLIFICA aspetti documentali

3.7.2.1. è l'azienda che decide ciò che è necessario

3.7.2.1.1. in linea con la semplificazione documentale

3.7.2.2. apparato documentale riconducibile PIRAMIDE DOCUMENTALE

3.7.2.2.1. 1 LIVELLO. MANUALE QUALITÀ

3.7.2.2.2. 2 LIVELLO. PROCEDURA DOCUMENTATE DEL SQ

3.7.2.2.3. 3 LIVELLO. ATRI DOCUMENTI PER LA QUALITÀ

3.7.3. Costi

3.7.3.1. Costi qualità

3.7.3.1.1. sono investimenti finalizzati a produrre bene/servizio in modo qualitativamente OTTIMALE

3.7.3.2. Costi della NON qualità

3.7.3.2.1. derivano dal fare le cose non nel modo giusto

4. Sicurezza Alimentare ISO 22000 e 22005

4.1. Le certificazioni sono importanti per la fiducia del consumatore

4.1.1. consumatore oggi più attento

4.1.1.1. fenomeni possono comportare perdita fiduca

4.1.1.1.1. mucca pazza, aviaria, aflatossine

4.1.2. adozioni di schemi di certificazione e accreditamento

4.1.2.1. valore aggiunto

4.1.2.1.1. TERZIETA' base affidabilità sistema

4.1.3. ISO 22000 e ISO 22005

4.1.3.1. quadro completo su sicurezza alimentare

4.2. ISO 22005:2007 Tracciabilità

4.2.1. standard tecnico volontario che va oltre la RINTRACCIABILITÀ (art 8 del reg CE 178/02)

4.2.1.1. reg CE 178/2002

4.2.1.1.1. si CHIEDE SOLO IDENTIFICAZIONE MATERIA PRIMA

4.2.1.1.2. operatori devono disporre di PROCEDURE

4.2.1.1.3. etichette devono consentire la tracciabilità

4.2.1.1.4. prevede

4.2.1.1.5. adottare la ISO 22005 consente di adempiere a questo regolamento COGENTE

4.2.2. evoluzione dalla UNI 10939 e UNI11020

4.2.3. riguarda ORTOFRUTTA, BOVINI e SUINI e filiera del LATTE

4.2.3.1. NON direttamente collegata alla SICUREZZA alimentare

4.2.3.1.1. consente però di gestire eventuali problemi grazie alla rintracciabilità

4.2.3.2. consente a cliente finale e autorità di risalire alla STORIA DEL PRODOTTO

4.2.3.2.1. identifica responsabilità lungo la filiera

4.2.3.3. VANTAGGI EXTRA

4.2.3.3.1. COLLOQUIARE AUTORITÀ DI CONTROLLO

4.2.3.3.2. FACILITA RITIRI

4.2.3.3.3. GARANTISCE SPECIFICHE PRODOTTO

4.2.3.3.4. IMPORTANTE ELEMENTO IDENTITÀ PRODOTTO

4.2.4. Rintracciabilità

4.2.4.1. Per ricostruire il percorso di un alimento

4.2.4.2. interna o intra aziendale

4.2.4.2.1. quali FORNITORI hanno contribuito alla composizione del prodotto

4.2.4.3. esterna o di filiera

4.2.4.3.1. storia del prodotto interessando tutti gli operatori coinvolti

4.2.4.3.2. il coordinamento deve essere gestito da un "CAPOFILA"

4.2.4.4. Sistema rintracciabilità

4.2.4.4.1. OGGETTO

4.2.4.4.2. OBBIETTIVO

4.2.4.4.3. CAMPO DI APPLICAZIONE (DOMINIO O ESTENSIONE)

4.2.4.4.4. STRUMENTI DI GESTIONE

4.3. ISO 22000:2005 Sicurezza Alimentare

4.3.1. sviluppata per armonizzare requisiti relativa Gestione Sicurezza Alimentare

4.3.1.1. A LIVELLO INTERNAZIONALE

4.3.2. per garantire linguaggio comune HACCP

4.3.2.1. Hazard Analisys and Critical Control Points

4.3.3. ASPETTI PRINCIPALI

4.3.3.1. 1. COMUNICAZIONE LUNGO LA FILIERA ALIMENTARE

4.3.3.1.1. ELEMENTI DI RISCHIO IDENTIFICATI lungo la filiera

4.3.3.2. 2.SISTEMA GESTIONE AZIENDALE SICUREZZA ALIMENTARE SGSA

4.3.3.2.1. grazie a quadro strutturato e comunicazione

4.3.3.3. 3. Programma di PREREQUISITI (PRP)

4.3.3.3.1. attività base e trasversali che mirano alla SICUREZZA IGIENICA

4.3.3.4. 4. principi HACCP

4.3.3.4.1. Hazard Analisys and Critical Control Points

4.3.3.4.2. principi previsiti dal documento FAO/OMS del Codex Alimentarius

4.3.4. NON È PREVISTO UN MANUALE, MA DIVERSE REGISTRAZIONI

4.3.5. Definisce i requisiti per un SISTEMA di GESTIONE

4.3.5.1. Non riferito al prodotto

5. Gestione ambientale d'impresa

5.1. maggior sensibilità ambientale

5.1.1. DA SHAREHOLER A STAKEOLDER

5.1.1.1. dai proprietari azionisti

5.1.1.1.1. AI PORTATORI DI INTERESSE IN GENERALE E ALLARGATO

5.1.2. compatibilità ecologica prodotti e processi

5.1.3. rapporto Burtland 87

5.1.3.1. Sviluppo Sostenibile

5.1.4. oltre alla sola produzione

5.1.4.1. importanza valori etici

5.1.5. per azienda importanza IMMAGINE E REPUTAZIONE

5.1.6. SGA

5.1.6.1. Sistema Gestione Ambientale

5.2. a partire anni 90 cresce la domanda di sostenibilità

5.2.1. NASCONO QUADRI NORMATIVI e standard per integrare DIMENSIONE AMBIENTALE nella strategia

5.2.2. Gestione ambientale

5.2.2.1. 1992 Gran Bretagna emana legge nazionale

5.2.2.1.1. nascono SGA Sistemi Gestione Ambientale

5.2.3. LCA

5.2.3.1. analisi ciclo di vita del prodotto

5.2.3.1.1. strumento base anche altri SGA

5.2.4. DICHIARAZIONE NON FINANZIARIA

5.2.4.1. cooperazione e trasparenza

5.2.4.1.1. non più controllo sanzionatorio

5.2.4.1.2. anche grazie a strumenti di comunicazione socio ambientale

5.3. ISO 14001: 2015

5.3.1. requisiti per implementare SGA per la politica ambientale

5.3.1.1. PUNTA AL MIGLIORAMENTO NELLE PRESTAZIONI AMBIENTALI

5.3.1.2. adozione volontaria

5.3.1.3. revisione 2015 analoga a ISO 9001

5.3.1.3.1. anche 14001 introduce HLS

5.3.2. ELEMENTI CHIAVE

5.3.2.1. VALUTAZIONE RISCHI/ opportunità in relazione aspetti ambientali

5.3.2.1.1. Risk Based Thinking

5.3.2.2. flessibilità documentale

5.3.2.3. ASSUNZIONE RESPONSABILITÀ top management

5.3.2.3.1. per obbiettivi, impegno ed efficacia asistema

5.3.2.4. requisiti più stringenti per valutazione prestazioni ambientali

5.3.2.4.1. NECESSITÀ DI CRITERI DI MONITORAGGIO E ANALISI

5.3.2.5. MIGLIORAMENTO CONTINUO delle performance ambientali

5.3.2.6. PROSPETTIVA LIFE CYCLE PERSPECTIVE

5.3.2.6.1. impatti ambientali associati alla progettazione, uso e fine prodotto

5.3.2.7. enfasi sui controllo processi in outsourcing

5.3.2.8. impegno nella COMUNICAZIONE INTERNA ED ESTERNA

5.3.2.8.1. verso STAKEHOLDER

5.3.3. si basa su PDCA opportunatamente integrato

5.3.4. NOVITÀ INTRODOTTE

5.3.4.1. ANALISI DEL CONTESTO

5.3.4.1.1. punto 4

5.3.4.2. Approccio RISK BASED THINKING

5.3.4.2.1. progettazione tenendo conto rischi/opportunità

5.3.4.2.2. dimostrare consapevolezza

5.3.4.2.3. RISCHIO

5.3.4.3. CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

5.3.4.3.1. LCA

5.3.4.3.2. norma richiede

5.3.5. Analisi ambientale

5.3.5.1. valutazione obblighi normativi

5.3.5.2. valutazione variabili ambientali influenzate e influenzanti

5.3.5.3. metodi gestione emergenze

5.3.5.4. deve definire requisiti volontari

5.3.5.5. mettere a disposizione risorse

5.3.5.5.1. definire competenze delle persone e promuovere cnsapevolezza

5.3.5.6. PORTA A OBBIETTIVI AMBIENTALI

5.3.5.6.1. SMART

5.3.6. Comunicazione

5.3.6.1. interna

5.3.6.1.1. scambio info tra livelli e funzioni dell'impresa

5.3.6.2. esterna

5.3.6.2.1. per soggetti esterni all'impresa

5.3.7. Documentazione SGA

5.3.7.1. analoga ISO 9001

5.3.7.1.1. Manuale SGA

5.3.7.1.2. Procedure

5.3.7.1.3. Istruzioni Operative

5.3.7.1.4. Modulistica

5.3.8. AUDIT

5.3.8.1. valutazione obbiettiva, sistematica, periodica e documentata

5.3.8.1.1. valuta efficienza SGA nel realizzare obbiettivi

5.3.8.1.2. Fase CHECK

5.3.8.2. Da parte di enti PRIVATI ACCREDITATI

5.3.9. Miglioramento

5.3.9.1. punto 10 norma

5.3.9.1.1. deriva dal riesame

5.4. EMAS: Eco Management Audit Scheme

5.4.1. per valutare la propria efficienza ambientale

5.4.1.1. è anche uno strumento per gli stakeholder per avere INFO SU PRESTAZIONI AMBIENTALI DELL'ORGANIZZAZIONE

5.4.2. richiede MAGGIORE APERTURA AL PUBBLICO RISPETTO ALLA 14001

5.4.2.1. pubblicazione "DICHIARAZIONE AMBIENTALE"

5.4.2.1.1. validato dal Comitato ECOLABEL E ECOAUDIT

5.4.2.2. varato da Unione Europe

5.4.3. promozione miglioramento delle prestazioni ambientali

5.4.3.1. riduzione impatto ambientale impresa

5.4.4. step fondamentali previsti dal regolamento

5.4.4.1. ANALISI AMBIENTALE INIZIALE

5.4.4.1.1. emissioni, produzione rifiuti, contaminazione suolo, utilizzo risorse

5.4.4.2. FORMULAZIONE POLITICA AMBIENTALE

5.4.4.2.1. programma di miglioramento

5.4.4.2.2. strategie da adottare a favore della tutela ambientale

5.4.4.3. PREDISPOSIZIONE PROGRAMMA MIGLIORAMENTO AMBIENTALE

5.4.4.3.1. piani concreti con cui tradurre i principi generali della Politica Ambientale

5.4.4.4. IMPLEMENTAZIONE SGA

5.4.4.4.1. necessario per realizzare obbiettivi SGA

5.4.4.4.2. sottoposto ad Audit Interno

5.4.4.5. STESURA DA (DICHIARAZIONE AMBIENTALE)

5.4.4.5.1. necessari INDICATORI CHIAVE (CORE INDICATORS) per esplicitare prestazione

5.4.4.5.2. da SOTTOPORRE a VERIFICATORE ACCREDITATO dal "Comitato ECOLABEL e ECOAUDIT"

5.4.5. avviene dopo verifica da SOGGETTO PUBBLICO accreditato Comitato Ecolabel e Ecoaudit

5.4.5.1. regolamento EMAS prevede ISCRIZIONE in un apposito ELENCO

5.4.5.1.1. Elenco gestito da UE

5.4.5.1.2. possibilità utilizzo di un logo

5.4.6. Ultimamente possibile adesione extra UE

5.4.6.1. attraverso Global Emas

5.4.7. incidenza schema EMAS molto bassa

5.4.7.1. ISO 14001 molto più presente

5.4.7.1.1. EMAS e 14001 non sono molto diverse

5.4.7.2. probabile eccessiva pressione Enti di Controllo

5.4.7.2.1. scarsa conoscenza presso il pubblico

5.5. LCA Life Cycle Assesment

5.5.1. certificazione del PRODOTTO considerando il suo CICLO DI VITA

5.5.1.1. Concetto di Green Economy

5.5.1.1.1. Economia che usa efficamente energia e materia prime

5.5.1.2. identificazione dei carichi ambientali connessi a un prodotto

5.5.1.2.1. per valutarne impatto ambientale

5.5.1.3. Ruolo esplicitato nel LIBRO VERDE

5.5.1.3.1. sulla Politica integrata dei prodotti

5.5.1.3.2. LCA suggerito anche in EMAS ed ECOLABEL

5.5.1.4. STRUMENTO IMPORTANTE PER DAP Dichiarazione Ambientale di Prodotto

5.5.1.4.1. ETICHETTA ECOLOGICA TIPO III

5.5.2. si inserisce ne LCT Life Cycle Thinking

5.5.2.1. visione globale del sistema produttivo

5.5.2.1.1. porta azienda ad adottare LCM Life Cycle Management

5.5.3. LCA diventa strumento diffuso e standardizzato di LCM Life Cycle Management

5.5.3.1. UNI EN ISO 14040:2006

5.5.3.1.1. definisce quadro generale, applicazioni e limiti LCA

5.5.3.2. UNI EN ISO 14044:2006

5.5.3.2.1. principale supporto per l'applicazione pratica di uno studio di LCA

5.5.4. Studio LCA per valutare effetti

5.5.4.1. FATTORI IN INGRESSO

5.5.4.1.1. Materie Prime

5.5.4.1.2. Energia

5.5.4.2. FASI

5.5.4.2.1. Approvvigionamento

5.5.4.2.2. Produzione

5.5.4.2.3. Distribuzione/uso

5.5.4.2.4. Riciclo/ riuso/ dismissione

5.5.4.3. FATTORI IN USCITA

5.5.4.3.1. Emissioni idriche e atmosferiche

5.5.4.3.2. Rifuti

5.5.4.3.3. Sottoprodotti

5.5.5. STEP LCA

5.5.5.1. INITIATION- Definizione obbiettivi e campo applicazione

5.5.5.1.1. definizione prodotto e contesto di riferimento

5.5.5.1.2. 1. Confini del sistema analizzato

5.5.5.1.3. 2. Unità funzionale ( es 1 kg di pasta)

5.5.5.1.4. 3 finalità dello studio

5.5.5.2. LCI: Life Cylce Invetory Redazione dell'inventario

5.5.5.2.1. inventario di consumi ed emissioni associati ad ogni fase di vita

5.5.5.2.2. si conclude con MOLTEPLICI VOCI relative al consumo materie prime ed emisisoni

5.5.5.3. IMPACT ASSESMENT Valutazione Impatti

5.5.5.3.1. vengono valutati impatti ambientali

5.5.5.3.2. FASE CRITICA richiede

5.5.5.3.3. in questa fase si attribuisce un peso ai differenti effetti del prodotto sul sistema

5.5.5.4. INTERPRETATION ANALYSYS

5.5.5.4.1. Valutazione info LCI

5.5.6. Causa costi elevati si stanno sviluppando LCA SEMPLIFICATI

5.5.6.1. circoscritti a determinati ambiti

5.5.6.1.1. CARBON FOOTPRINT

5.5.6.1.2. WATER FOOTPRINT

5.6. Ecoetichettatura

5.6.1. per gestione e comunicazione ambientale

5.6.2. inizialmente nate come strumento di marketing

5.6.2.1. mancavano però di criteri scientifici

5.6.2.1.1. nascita programmi di ecolabeling su adesione volontaria

5.6.3. Per armonizzare le metodologie nascono ISO 14020

5.6.3.1. 14020:2002 etichette e dichiarazioni ambientali - principi generali

5.6.3.2. 14024:2018 Etichette e Dichiarazioni ambientale (EA) tipo I

5.6.3.2.1. EA 1° TPO

5.6.3.3. 14021:2016 Etichette e Dichiarazioni ambientali (EA) tipo II

5.6.3.3.1. EA 2° TIPO

5.6.3.4. 14025:2010 Etichette e Dichiarazioni ambientali (EA) tipo III

5.6.3.4.1. EA 3° Tipo

6. GDO

6.1. quasi totalità famiglie utilizzano prodotti GDO

6.1.1. nel 2015 65% vendite alimentari totali

6.1.1.1. in Italia cresciuta meno in Europa

6.1.1.1.1. dovuta a peculiarità italiana economia

6.1.2. quindi deve farsi carico di MAGGIORI RESPONSABILITÀ per assecondare le richieste del cliente

6.1.2.1. conseguenze di tali aspettative

6.1.2.1.1. sistema certificazione a tutta la filiera

6.1.2.1.2. Prodotti a MARCHIO PRIVATO

6.1.2.1.3. STANDARD DI CERTIFICAZIONE che GDO impone

7. Certificazione Prodotto Regolamentata

7.1. Certificazioni Facoltative

7.1.1. ENTE PUBBLICO HA STILATO UNA SERIE DI STANDARD TECNICI

7.1.1.1. attraverso regolamenti comunitari

7.1.1.1.1. ENTE EMITTENTE AUTORIZZATO AUTORITÀ COMPETENTE

7.2. EMAS, Bio, Gluten Free

7.3. in seguito a scandali anni 90 consumatore consapevole

7.3.1. ENTE PUBBLICO STILA STANDARD TECNICI ATTRAVERSO REGOLAMENTI COMUNITARI

7.3.1.1. uniformando anche normative nazionali di attribuzione origine

7.3.1.1.1. Reg 2081/92 istituisce

7.3.1.1.2. Reg 2082/92 isituisce

7.3.2. produzioni riconosciute DOP, IGP, STG

7.3.2.1. tutela ambiente

7.3.2.2. forte legame territoriale

7.3.2.2.1. territorio inteso come ambiente, ma anche risorse sociali e umane

7.3.2.3. DOP

7.3.2.3.1. originario di un luogo o regione

7.3.2.3.2. qualità dovute a un particolare ambiente

7.3.2.3.3. tutte le fasi nella stessa zona geografica

7.3.2.4. IGP

7.3.2.4.1. originario di un luogo

7.3.2.4.2. qualità dovute a un particolare ambiente

7.3.2.4.3. PRODUZIONE IN ALMENO UNA delle fasi nella zona geografica

7.3.2.5. STG

7.3.2.5.1. prodotto con metodo tradizionale

7.3.2.5.2. ottenuto da materie prime tradizionali

7.3.2.6. legame col territorio esplicitato nel DISCIPLINARE (RE UE 1151/2012)

7.3.2.6.1. legame esclusivo nel DOP

7.3.2.6.2. DISCIPLINARE rispettato per ottenere certificazione

7.3.2.7. Prodotti PAT Prodotti Agroalimentari Tradizionali

7.3.2.7.1. connotati da tecniche di produzione/conservazione lavorazione consolidate nel tempo

7.3.2.7.2. prodotti di nicchia

8. Biologico

8.1. DISCIPLINATO DAL REGOLAMENTO 834/07 E 889/08

8.1.1. CERTIFICAZIONE REGOLAMENTATA

8.1.1.1. istituzionalizzazione sistema produzione biologico

8.1.1.1.1. biologico: migliori pratiche ambientali, biodiversità, salvaguardia risorse, BENESSERE AMBIENTALE

8.1.1.2. ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE

8.1.1.2.1. AUTORIZZATI E VIGILATI DAL MINISTERO POLITICHE AGRICOLE

8.1.2. 848/2018

8.2. SISTEMA GLOBALE GESTIONE AZIENDA

8.2.1. SENZA UTILIZZO DI SOSTANZE CHIMICHE DI SINTESI

8.2.2. TECNICHE UTILIZZATE

8.2.2.1. sfrutta naturale fertilità del suolo

8.2.2.1.1. con interventi minimi

8.2.2.2. piantumazione siepi e alberi

8.2.2.2.1. ospitano predatori animali e fungono da barriera per inquinamenti esterni

8.2.2.3. Consociazione

8.2.2.3.1. coltivazione contempornaea di piante

8.2.3. impone applicazione marchio UE

8.2.3.1. con il regolamento 271/2010

8.2.3.1.1. divieto di OGM

8.2.3.1.2. stabilisce il logo EURO LEAF

8.2.3.1.3. garantisce

8.2.3.1.4. ORGANISMI DI CERTIFICAZIONE

8.2.3.1.5. indicate sostanze che è possibile utilizzare

8.2.3.2. Regolamento 1804/99

8.2.3.2.1. allevamento biologico

8.3. Review Dangour 2009

8.3.1. I prodotti Bio hanno stesse proprietà nutrizionali dei convenzionali

8.3.1.1. prodotto bio NON sono nutrizionalmente migliori

8.4. Dopo flessione primi 2000 oggi ripresa

8.4.1. Europa e Nord America maggior parte vendite

8.4.1.1. Germania primo mercato

8.4.1.1.1. segue Francia

8.4.1.2. Asia terzo mercato globale

8.5. contribuiscono all'affermazione dle biologico

8.5.1. GDO

8.5.2. FILIERA CORTA

8.5.2.1. riduzione dei passaggi tra produttore e consumatore

8.5.2.2. riduzione impatto ambientale trasporto

8.5.3. Gruppi di Acquisto Solidale ( GAS )

8.5.4. GPP GREEN PUBLIC PROCUREMENT

8.5.4.1. Acquisti Verdi Pubblica Amministrazione

8.5.4.1.1. INCORAGGIANO PRATICHE ECO SOSTENIBILI DELLA PA

8.5.4.1.2. INSERIMENTO CRITERI CLASSIFICAZIONE AMBIENTALE NEGLI ACQUISTI PA

8.5.4.1.3. possibilità di considerare sistemi di ETICHETTATURA AMBIENTALE

8.5.4.1.4. possibilità di considerare SGA dei FORNITORI

9. Filiera Corta

9.1. anni 60 nasce filiera lunga per modernizzazione sistema produzione e distribuzione

9.1.1. standardizzazione processi

9.1.1.1. piccole imprese subiscono decisioni GDO

9.2. anni 90 EMERGENZE ALIMENTARI

9.2.1. vulnerabilità del settore in mano a multinazionali

9.2.2. NUOVA SENSIBILITÀ CONSUMATORE

9.2.2.1. NASCITA CERTIFICAZIONI PER ASSICURAZIONE QUALITÀ

9.3. ALTERNATIVA alla grande distribuzione

9.3.1. scambio diretto vantaggioso per produttori e consumatori

9.3.1.1. rapporto stretto col cliente

9.3.1.2. filiera corta: numero ristretto di intermediari

9.3.2. MINIMIZZAZIONE PASSAGGI FISICI

9.3.2.1. 1/3 delle spese del sistema agroalimentare riguarda servizi trasporto e logistica

9.3.2.2. 1/3 spesa riguarda magazzinaggio, condizionamento e preparazione ordine

9.3.3. riduzione distanza geografica

9.4. caratteristiche principali

9.4.1. 1. Modalità di vendita più o meno diretta tramite

9.4.1.1. negozi specializzati

9.4.1.2. canale Ho.re.ca (hotel, ristorazione, catering)

9.4.1.3. spacci dei produttori

9.4.2. 2. Sfaccettate dimensioni qualità dei prodotti

9.4.2.1. DOP, IGP, bio, prodotti tradizonali

9.4.3. 3. Concetto qualità ampliato

9.4.3.1. SICUREZZA E RISPETTO AMBIENTE

9.5. Vantaggi

9.5.1. MIGLIORE INFORMAZIONE e comunicazione tra produttori e consumatori

9.5.2. VANTAGGI ECONOMICI, consumatore acquista a meno, produttore risparmia costi filiera

9.5.3. esalta ruolo MULTIFUNZIONALE agricoltura

9.5.3.1. aziende agricole impegnate in FUNZIONE SOCIALMENTE DESIDERABILI

9.5.3.1.1. PRESIDIO AMBIENTE

9.5.3.1.2. CONSERVAZIONE BIODIVERSITÀ

9.5.3.1.3. SOPRAVVIVENZE AREE RURALI O MARGINALI

9.6. commercializzazione

9.6.1. Mercati contadini

9.6.1.1. regolamentate da Decreto 228/2001

9.6.1.1.1. contadini volendo vendere anche prodotti terzi

9.6.1.2. dove non arriva la GDO

9.6.1.3. in piazze o strade

9.6.2. Spacci collettivi

9.6.2.1. commercializzati prodotti locali

9.6.2.1.1. spesso in assenza produttori

9.6.3. Box Scheme

9.6.3.1. distribuzione prodotti agricoli stagionali

9.6.3.1.1. contadino fornisce a domicilio consumatori convenzionati

9.6.4. GAS gruppo acquisto solidale

9.6.4.1. promosse dai consumatori

9.6.4.1.1. forme di acquisto collettivo

9.6.4.2. acquisto di beni collettivo e distribuzione con finalità etiche, di solidarietà sociale e sostenibilità

9.6.4.3. definiti dalla finanziaria 2008

9.6.4.3.1. soggetti associativi senza scopo di lucro

9.6.5. ecommerce

9.6.5.1. piccola nicchia in Italia

9.6.5.1.1. costante aumento

10. Etichettatura Prodotti Alimentari Reg 1169/2011

10.1. rappresenta carta identità alimenti

10.1.1. FORNISCE TUTELA PER ACQUISTO CONSAPEVOLE

10.2. ingredienti riportati in ordine decrescente di quantità

10.2.1. aceti, alcolici, PRODOTTI MONOINGREDIETNE NO OBBLIGO Elenco

10.3. si applica in tutte le fasi della filiera

10.3.1. operatori settore in tutte le fasi della catena alimentare

10.3.2. servizi di ristorazione forniti da imprese di trasporto

10.3.2.1. quando luogo di partenza all'interno stato memebro

10.3.3. alimenti venduti a distanza

10.3.3.1. info fornite prima dell'acquisto

10.4. Diciture particolari

10.4.1. Ingredienti del prodotto ricostituito

10.4.1.1. per prodotti concentrati

10.4.2. In Proporzione varabile

10.4.2.1. valido per miscugli frutta, ortaggi, spezie

10.4.3. A ridotto contenuto di

10.4.3.1. la legge prevede sia indicata la percentuale

10.4.4. ingrediente qualificante (al burro, con prosicutto)

10.4.4.1. per legge deve essere indicata la quantità

10.5. Additivi

10.5.1. indicati con lettere "E" che indica autorizzazione UE

10.5.1.1. seguita 3 cifre che indica categoria di appartenenza

10.5.1.1.1. conservanti emulsionanti, coloranti

10.6. Aroma

10.6.1. indica sostanza sintetica

10.6.1.1. stesse proprietà sostanza naturale

10.6.2. Aroma Naturale

10.6.2.1. sostanza estratta da fonti naturali

10.7. Quantità netta

10.7.1. nel caso di liquido di governo deve essere indicato peso sgocciolato

10.7.2. in alimenti precotti indicato peso originale e % prodotto finito

10.8. Da consumarsi entro il

10.8.1. oltre la data indicata l'alimento può costituire rischio igienico sanitario

10.8.1.1. latte, formaggi, yogurt...

10.9. Da consumarsi preferibilmente entro il

10.9.1. indica TMC TEMPO MINIMO CONSERVAZIONE

10.9.1.1. indica periodo in cui prodotto conserva caratteristiche chimico sensoriali

10.10. Informazioni produzione

10.10.1. Data Prod, Nome Prod, Sede stabilimento, Lotto

10.10.1.1. Lotto stesse condizioni tecnologiche (Temp, materie prime)

10.11. altre info

10.11.1. modalità conservazione e preparazione

10.11.2. procedure scongelamento e cottura

10.12. Lettera e

10.12.1. simbolo metrologico

10.12.1.1. produttore rispettato norme confezinamento prodotto

10.13. Codice a Barre

10.13.1. codice EAN (European Article Number) europeo

10.13.1.1. prime 2/3

10.13.1.1.1. cifre paese origine possessore del marchio

10.13.1.2. da 3 a 7/8 cifra

10.13.1.2.1. produttore

10.13.1.3. da 8 a 12

10.13.1.3.1. prodotto

10.13.1.4. 13 check digit

10.14. novità di pricipio

10.14.1. Obbligo di fornire info necessarie a fare scelte consapevoli

10.14.1.1. produttore o importatore OBBLIGO di garantire correttezza info

10.14.1.2. legge fissa dimensioni minime caratteri

10.14.1.2.1. etichetta deve essere CHIARA

10.15. requisiti puntuali

10.15.1. Responsabilità delle informazioni

10.15.1.1. garantire presenza e correttezza informazione

10.15.2. campi obbligatori

10.15.2.1. Denominazione alimento

10.15.2.2. Elenco ingredienti

10.15.2.3. Allergeni

10.15.2.3.1. indicati in grassetto o "può contenere tracce di"

10.15.2.3.2. indicati nell'allegato II

10.15.2.4. TMC o data scadenza

10.15.2.5. Quantità netta

10.15.2.6. condizioni particolari conservazione o impiego

10.15.2.7. Paese origine

10.15.2.7.1. differenza tra paese di provenienza (da dove proviene)

10.15.2.8. Istruzioni per l'uso

10.15.2.9. Titolo alcometrico volumico effettivo

10.15.2.9.1. per bevande con alcol > 1,2%

10.15.2.10. Dichiarazione nutrizionale

10.15.2.10.1. obbligatoria dal 2016

11. Dieta Mediterranea: modello di sostenibilità

11.1. Dieta mediterranea introdotta anni 70 ANCEL KEYS dopo studio su paesi del mediterraneo

11.1.1. dieta associata a basso tasso mortalità

11.1.2. basso sviluppo malattie croniche

11.2. Nel 1992 Dipartimento Agricoltura Statunitense

11.2.1. Piramide Alimentare

11.2.1.1. schema di facile interpretazione

11.3. OMS e Harvard School of Public Health

11.3.1. campagne di comunicazione basate su PIRAMIDE ALIMENTARE

11.4. benefici

11.4.1. minor LDL, riduzione obesità, minor incidenza diabete

11.5. 2010 UNESCO

11.5.1. inserisce Dieta Mediterranea come PATRIMONIO INTERNAZIONALE UMANITÀ

11.6. 2012 Dipartimento Agricoltura USA

11.6.1. PIATTO SANO

11.6.1.1. piatto diviso in spicchi a seconda del gruppo alimentare

11.7. Conferenza Mondiale Milano 2016

11.7.1. SPOSTARE BENEFICI DALL'UOMO ALL'AMBIENTE

11.7.2. NUOVA PIRAMIDE ALIMENTARE

11.7.2.1. ruolo sociale del cibo (convivialità, cultura)

11.7.2.2. Stagionalità e biodiversità

11.7.2.3. attività fisica

11.7.2.4. MED DIET 4.0

11.7.2.4.1. Aspetti legati alla Salute

11.7.2.4.2. Aspetti Culturali

11.7.2.4.3. Aspetti Ambientali

11.7.2.4.4. Aspetti Economici

11.8. Paradossi settore Alimentare

11.8.1. Da un lato 900 milioni soffrono la fame e 700 milioni obesi

11.8.1.1. 1/3 della produzione mondiale alimentare viene sprecato

11.8.1.1.1. sarebbe sufficiente a sfamare le persone denutite

11.8.2. SETTORE ALIMENTARE POCO ECO SOSTENIBILE

11.8.2.1. DIETA MEDITERANNEA

11.8.2.1.1. è uno degli stili più SOSTENIBILI

11.8.2.1.2. BASSO IMPATTO AMBIENTALE

11.8.2.1.3. mediazione tra fabbisogni nutritivi e ecosistemi naturali

12. Doppia Piramide Alimentare/ Ambientale

12.1. LE SCELTE ALIMENTARI NON IMPATTANO SOLO LA SALUTE

12.1.1. ma anche l'ambiente

12.1.1.1. filiere LUNGHE impatto maggiore

12.1.1.1.1. FILIERA CORTA

12.1.2. tipicamente alimenti a minor impatto

12.1.2.1. sono anche quelli più consigliati dai nutrizionisti

12.1.2.1.1. salute alimentare conciliata con rispetto ambiente

12.1.3. LCA strumento utile

12.1.3.1. Tuttavia LCA molto complessa

12.1.3.1.1. utilizzo indicatori di sintesi

12.2. pubblicato dal BFCN Barilla Food Center & Nutrition

12.2.1. pubblicazione documento annuale: LA DOPPIA PIRAMIDE

12.2.1.1. RIPORTATI STUDI SCIENTIFICI CONDOTTI CON LA LCA

12.2.1.1.1. per investigare IMPATTI AMBIENTALI DEGLI STILI ALIMENTARI

12.2.2. si considerano serie di indicatori

12.2.2.1. Footprint Family

12.2.2.1.1. Ecological Footprint Impronta Ecologica

12.2.2.1.2. Carbon Footprint

12.2.2.1.3. Water FootPrint

13. Perdite e Sprechi Alimentari

13.1. segnale di forti inefficienze del sistema

13.1.1. persi 1,4 miliardi di ettari

13.1.1.1. 1/3 produzione totale

13.1.1.1.1. FAO 2011

13.1.2. in ogni fase

13.1.3. amplificate dalla COMPLESSITÀ DELLE FILIERA

13.1.3.1. affermazione GDO determina aumento passaggi

13.1.4. AUMENTO DEL REDDITO

13.1.4.1. richieste di varietà di prodotti sempre maggiore

13.1.4.1.1. in particolare prodotti facilmente deperibili

13.1.5. ANCHE SOVRALIMENTAZIONE

13.1.5.1. considerata spreco di cibo

13.1.6. FAO nel 2011 distingue

13.1.6.1. FOOD LOSSES - PERDITE ALIMENTARI

13.1.6.1.1. A MONTE DELLA FILIERA

13.1.6.2. FOOD WASTE - SPRECHI ALIMENTARI

13.1.6.2.1. DURANTE TRASFORMAZIONE INDUSTRIALE

13.1.6.2.2. RISTORAZIONE/ CONSUMO DOMESTICO

13.2. impatto ambientale

13.2.1. Studio FAO 2013

13.2.1.1. spreco di 250 km3 di acqua

13.2.1.2. 3,3 miliardi di tonnellate di CO2

13.2.1.2.1. al terzo posto delle più grandi emissioni

13.2.1.3. 1,4 mld ettari

13.2.1.3.1. suolo consumato

13.2.1.4. 750 mld dollari di perdite eocnomiche

13.3. Perdite e sprechi lungo la filiera

13.3.1. PERDITE (Food Losses)

13.3.1.1. Coltivazione

13.3.1.1.1. fenomeni climatici, parassiti, malattie

13.3.1.2. Produzione Agricola e raccolto

13.3.1.3. Prima Trasformazione

13.3.1.3.1. trattamento e manipolazione raccolto

13.3.2. SPRECHI (Food Waste)

13.3.2.1. Trasformazione industriale

13.3.2.1.1. scarti derivati da lavorazione

13.3.2.2. Distribuzione

13.3.2.2.1. scarti dovuti a mancata vendita

13.3.2.3. Ristorazione

13.3.2.3.1. eccedenza quantità cibo preparata, eccessive scorte

13.3.2.4. Consumo domestico

13.3.2.4.1. scarti dovuti a porzioni abbondanti o scorte eccessive

13.4. UE NEL 2012

13.4.1. Chiesta iniziativa collettiva per limitare sprechi

13.4.1.1. DIMEZZARE ENTRO IL 2025 SPRECHI

13.4.1.2. dimezzare entro 2030 rifiuti

13.5. Studio 2016

13.5.1. 70% sprechi a valle: famiglie, ristoranti e vendita al dettaglio

13.6. Best Practies in Italia

13.6.1. Banco Alimentare

13.6.1.1. recupero eccedenza prodotte

13.6.1.1.1. sostenere realtà caritative

13.6.2. Empori solidali

13.6.2.1. vendita eccedenze e prodotti non commerciabili

13.6.3. Privati Cittadini

13.6.3.1. approvvigionamento consapevole

13.7. Legge 166/2016 Gadda CONTRO LO SPRECO

13.7.1. DONAZIONI PER LIMITARE GLI SPRECHI

13.7.2. definisce

13.7.2.1. ECCEDENZA ALIMENTARI

13.7.2.1.1. ALIMENTI INVENDUTI che rispettano igiene e sicurezza

13.7.2.2. SPRECO ALIMENTARE

13.7.2.2.1. prodotti commestibili SCARTATI PER RAGIONI COMMERCIALI/ESTETICHE O SCADENZA

13.7.3. DATA SCADENZA VS TERMINE MINIMO CONSERVAZIONE

13.7.3.1. prodotti che superano termine minimo conservazione possono essere ceduti gratuitamente

13.7.3.1.1. garantita qualità e idonee condizioni di conservazione

13.7.4. alimenti IDONEI donati ad indigenti

13.7.5. alimenti NON IDONEi usati per consumo animale

13.7.6. 2018

13.7.6.1. escono linee guida per mense per contenere sprechi

14. Certificazione SA8000 e ISO 26000

14.1. SA8000 - Social Accountability 8000

14.1.1. modello gestionale volontario

14.1.1.1. pubblicato 1997 dalla SAI Social Accountability International

14.1.1.1.1. SISTEMA DI GESTIONE DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE

14.1.1.2. processo produttivo che implementa una GESTIONE DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE

14.1.1.2.1. VERIFICATA DA ENTE TERZO ACCREDITATO S.A.I. (Social Accountability International)

14.1.1.2.2. rispetto diritti umani e dei lavoratori

14.1.1.3. revisione 2014 prevede implementazione 2 team

14.1.1.3.1. sia Direzione che Lavoratori

14.1.1.3.2. 2 TEAM PRESTAZIONI SOCIALI

14.1.1.4. riferimento PARZIALE

14.1.1.4.1. solo aspetti legati a tutela lavoratori

14.1.1.5. PERVASIVITA'

14.1.1.5.1. vi sono PROCEDURE per la SELEZIONE, qualifica e MONITORAGGIO di fornitori e subfornitori

14.1.1.6. non ricopre tutti gli ambiti della CSR Responsabilità Sociale di Impresa

14.1.1.6.1. TUTTAVIA FORTE IMPATTO A LIVELLO DI REPUTAZIONE

14.2. UNI ISO 26000:2010

14.2.1. fornisce al meglio strumenti per gestione RSI: RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA

14.2.1.1. operare in maniera responsabile nei confronti degli stakeholder

14.2.1.2. sono LINEE GUIDA

14.2.1.2.1. NON È SOGGETTA A CERTIFICAZIONE DA PARTE TERZA

14.2.2. 2 obbiettivi Principali

14.2.2.1. Definire Responsabilità sociale e vantaggi per le Organizzazioni che la adottano

14.2.2.2. Dettare modalità operative

14.2.2.2.1. per applicare efficacemente i concetti della norma

14.2.3. Struttura

14.2.3.1. Prima parte teorica

14.2.3.1.1. dedicata al concetto di responsabilità Sociale

14.2.3.2. Seconda parte tecnica

14.2.3.2.1. consigli pratici e guida

14.2.4. RSO Responsabilità Sociale Organizzazione

14.2.4.1. la norma prevede 7 principi da rispettare

14.2.4.1.1. 1 Responsabilità

14.2.4.1.2. 2. Trasparenza

14.2.4.1.3. 3. Etica

14.2.4.1.4. 4. Rispetto degli stakeholders

14.2.4.1.5. 5. Rispetto della legge

14.2.4.1.6. 6. Rispetto degli standard di comportamento internazionali

14.2.4.1.7. 7. Rispetto diritti umani

14.2.4.1.8. che possono essere riassunti in

14.2.4.2. definita da ISO

14.2.4.2.1. sviluppo sostenibile

14.2.4.2.2. tenere conto aspettative stakeholder

14.2.4.2.3. rispetto legge e norme

14.2.4.2.4. integrato in tutta l'organizzazione

15. Certificazioni Prodotto Volontarie

15.1. PER VALORIZZARE E DIFFERENZIARE PRODOTTO

15.1.1. con applicazione marchi

15.1.1.1. sono B2C rivolte al consumatore finale

15.1.2. requisiti tecnici e parametri possono variare in base a ente certificatore

15.1.2.1. possibilità di creare confusione

15.1.3. anche se non con riferimento esplicitamente collegate alla Catena produttiva

15.1.3.1. fatta eccezione per DOP, IGP, STG

15.1.4. rispondono a nuove esigenze consumatore

15.1.4.1. maggiore sicurezza alimentare

15.1.4.2. maggiori informazioni prodotto

15.1.4.2.1. valori, ingredienti

15.1.4.3. maggiori informazioni sui servizi collegati

15.1.4.3.1. imballaggi ecc

15.1.4.4. maggiore genuinità

15.1.4.4.1. minor impatto ambientale

15.1.4.5. maggiore tipicità

15.1.4.6. maggiore eticità

15.2. Gluten free

15.2.1. spiga sbarrata simbolo Associazione Italiana Celiaci

15.2.1.1. limite massimo glutine 20ppm

15.2.1.1.1. si basa su

15.2.1.2. AIC concede certificazione valutando processi

15.3. Certificazioni Religiose

15.3.1. Hahlal

15.3.1.1. asseconda necessità consumatore musulmano

15.3.1.1.1. presupposto per esportare prodotti nei paesi islamici

15.3.1.2. prodotto lecito secondo religione islamica

15.3.2. Kosher

15.3.2.1. regole religiose Ebrei

15.3.2.2. vietato cucinare latte e suoi derivati con carne di qualunque animale

15.3.2.3. solo Carne da animali con zoccolo fesso, cioè diviso

15.3.2.4. esclusi animali marini senza squame, rapaci e rettili

15.4. Mangimi privi di Proteine e grassi animali aggiunti

15.4.1. richiesta spesso dalle filiere zootecniche

15.4.1.1. rispetto del divieto imposto dalla Commissione Europea

15.5. Disciplinari Tecnici Volontari NON regolamentati

15.5.1. verificano presenza di parametri tecnologici specifici, presenza o assenza ingredienti

15.5.1.1. Certificazione connessa a soddisfare requisiti DISCIPLINARI TECNICI DI PRODOTTO

15.5.1.1.1. DTP RILASCIATI DA ENTI TERZI

15.5.2. OGM free

15.5.2.1. limite massimo 0,9% per prodotti alimentari e 0,5% per zootecnici

15.5.2.1.1. necessario controllo su tutta la filiera

15.5.3. Lfree (senza Lattosio)

15.5.3.1. Marchio rilasciato da Associazione Italiana Latto-intolleranti

15.5.3.1.1. marchio Lfree

15.5.4. Qualità Vegetariana

15.5.4.1. Promossa da Associazione Vegetariana Italiana AVI

15.5.4.1.1. si ottiene certificazione da parte di OdC accreditato

15.5.5. V.label (Prodotti Vegani)

15.5.5.1. totalmente privi di ingredienti di origine animale

15.5.6. Friend Of The Sea

15.5.6.1. ONG con obbiettivo conservare habitat marino

15.5.6.2. Certificazione internazionale per prodotti da pesca e acquacoltura

15.5.7. RSPO

15.5.7.1. ROUNDABLE SOUSTAINABLE PALM OIL

15.5.7.1.1. certificazione che disciplina aspetti ambientali sociali e economici

15.5.7.1.2. Olio di Palma di Sostenibile

15.5.7.2. In Italia

15.5.7.2.1. UNIONE ITALIANA OLIO PALMA SOSTENIBILE

15.5.7.3. POIG - PALM OIL INNOVATION GROUP

15.5.7.3.1. iniziativa che parte da RSPO con parametri ancora più stringenti