1. Secondo una interpretazione storica che pone attenzione alla reazione psicologica delle popolazioni rispetto alla fede religiosa, col tempo le nuove religioni assunsero sempre più importanza per le loro caratteristiche escatologiche e soteriologiche in risposta alle insorgenti esigenze della religiosità dell'individuo, al quale la vecchia religione non offriva che riti vuoti di significato. Sempre secondo questa interpretazione storica la critica alla religione tradizionale veniva anche dalle correnti filosofiche dell'Ellenismo, che fornivano risposte intorno a temi propri della sfera religiosa, come la concezione dell'anima e la natura degli dèi. Nella congerie sincretistica dell'impero del III secolo, permeata da dottrine neoplatoniche, gnostiche, orfiche e misteriche (misteri eleusini che trovò seguaci prima in Adriano e poi Gallieno, fece la sua comparsa il Cristianesimo. La religione cristiana, opponendosi al potere tetrarchico che pretendeva che tutti i sudditi riconoscessero nell'imperatore il loro "signore e dio subì pesanti persecuzioni al tempo di Diocleziano , generando nuove tensioni sociali. Il rifiuto del culto pubblico e del conseguente sacrificio all'imperatore minava così, fin dalle fondamenta, l'ordinamento politico-religioso romano. Del resto la "minoranza cristiana", secondo alcune stime di storici moderni, al tempo della giovinezza di Costantino , poteva già contare su 7-15 milioni di fedeli su una popolazione complessiva di 50 milioni. Fu il peggiore errore commesso da Diocleziano nei vent'anni del suo governo, trucidando inutilmente migliaia di innocenti. Secondo una altra interpretazione storica che non vede la religione come un compartimento stagno rispetto al resto dell'evoluzione storica, ma come un fattore importante di tutto il contesto sociale antico, i cambiamenti religiosi del terzo secolo furono fra i più importanti, se non i più importanti, quali motore di cambiamento e quindi conseguentemente di crisi del mondo romano.
2. Dopo il primo assalto avvenuto durante l'epoca di Marco Aurelio, un'altra pesantissima e ancor più devastante epidemia di peste colpì i territori dell'Impero nel ventennio 250-270. Si è calcolato che il morbo abbia mietuto milioni di vittime e che alla fine la popolazione dell'Impero fosse ridotta del 30 per cento, da 70 a 50 milioni di abitanti.A tutto ciò si aggiunga che il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'Impero fu molto alto anche in termini territoriali. A partire infatti dal 260 gli Imperatori che si susseguirono dovettero abbandonare, in modo definitivo, i cosiddetti Agri decumates e l'intera provincia delle Tre Dacie , oltre perdere seppure in via temporanea della provincia di Mesopotamia, rioccupata solo con Galerio
3. Crisi Economica
3.1. La pressione fiscale divenne insostenibile per molti piccoli proprietari, costretti a indebitarsi e quindi a vendere le proprie terre, per andare a lavorare in condizioni di semischiavitù sotto i grandi proprietari . Per questo fenomeno e per il calo demografico determinato dalle perdite umane nei numerosi conflitti, molte terre furono abbandonate e cessarono di essere produttive] Le difficoltà di comunicazione in seguito ai numerosi conflitti avevano in diversi casi reso indispensabile la riscossione diretta delle tasse da parte dello stesso esercito, causando abusi e trasformandosi a volte in un vero e proprio diritto di saccheggio. Lo spopolamento di intere regioni fu, inoltre, causato anche da elementi climatici e sociali: i contadini, infatti, non conoscevano la rotazione delle colture e via via che la terra diventava improduttiva si dovevano spostare verso altre aree.
4. Crisi Demografica
5. Crisi Religiosa
6. Politica Militare
7. La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei Sasanidi in Oriente, si erano non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il più rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia era però resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo più scarsi.Queste difficoltà costrinsero l'imperatore Valeriano (253-260), a spartire con il figlio Gallieno (253-268) l'amministrazione dello Stato romano, affidando a quest'ultimo la parte occidentale e riservando per sé quella orientale, come in passato era già avvenuto con Marco Aurelio e Lucio Vero.Il punto più basso si raggiunse nel 260, quando Valeriano fu sconfitto in battaglia e preso prigioniero dai Sasanidi, morendo in prigionia senza che fosse possibile intraprender e una spedizione militare per liberarlo. Come conseguenza di questa grave sconfitta l'impero subì una scissione in tre parti per quasi quindici anni, che però ne permisero la sopravvivenza: ad Occidente l'Impero delle Gallie, retto dagli usurpatori come PostumoLeliano , Marco Aurelio Mario , Vittorino , Domiziano II e Tetrico ; mentre ad Oriente il Regno di Palmira, dove si alternarono prima Settimio Odenato, nominato da Gallieno corrector totius Orientis, dal 262, poi il figlio Vaballato insieme alla madre Zenobia fino al 272.
8. Crisi Sociale
8.1. La crisi economica aveva comportato una diversa suddivisione della società: dalle tre classi tradizionali dei senatori, dei cavalieri e dei plebei: senatori e cavalieri erano confluiti nella classe privilegiata degli honestiores, mentre artigiani e piccoli commercianti, toccati dalle difficoltà economiche e dalla svalutazione della moneta d'argento, erano confluiti nella classe degli humiliores che andava man mano perdendo i propri diritti. Benché anche nei secoli precedenti fossero presenti profonde diseguaglianze economiche tra la popolazione dell'Impero, la peculiarità della crisi sociale del III secolo risiede nella legittimazione giuridica di questa situazione: pene diverse erano previste per honestiores e humiliores, e le possibilità di scalata sociale erano fortemente ridotte. Sempre più spesso gli humiliores rinunciavano volontariamente alle proprie libertà per affidarsi alla protezione dei grandi proprietari terrieri ed evitare inoltre l'arruolamento forzato nell'esercito.